Cosa e come dire
In questi giorni concitati ed emotivamente carichi una delle domande che tutti i genitori si sono posti è come affrontare il tema dell’epidemia da COVID-19 con i loro bambini.
I primi giorni sono passati più facilmente ma con lo scorrere del tempo la situazione potrebbe essere più difficile da gestire.
Sui social, in pochissimo tempo, sono nati decaloghi, favole e tante bellissime iniziative per aiutare le madri e i padri in questo compito complesso. Questo è senza dubbio utile, soprattutto nei casi in cui si è del tutto sprovvisti di strumenti che possano venire in aiuto ma può, allo stesso tempo, generare un allarmismo e un’angoscia ingestibili che si traducono nell’esigenza di dire, svelare e comunicare tutto ad ogni costo.
La psicologia dell’infanzia, in modo particolare le ricerche sul tema dell’intersoggettività descrivono il bambino come un essere fin da subito predisposto alla relazione con l’Altro significativo. I primi legami con la figura di riferimento permettono, pertanto, non solo di strutturare un’immagine di sé e delle proprie emozioni, ma di costruire un modo adattivo su cui si costruiscono gli scambi col mondo esterno. In questo è fondamentale la capacità del genitore di rimandare l’idea di un bambino degno di amore e di cure, le cui emozioni, sia adattive che disadattive, hanno scopi ben definiti e sono per questo esprimibili e tollerabili.
Questo a una condizione: che l’adulto stesso sia capace di entrare in contatto con le proprie emozioni ed accettarle. L’epidemia da COVID-19 non può lasciarci indisturbati e genera anche negli adulti vissuti di angoscia e sentimenti di de-realizzazione. Dire al proprio figlio che non c’è niente di cui preoccuparsi è falso e i bambini sono estremamente sensibili a qualsiasi comunicazione che risulti inautentica.
Ciò non significa che sia necessario spiattellare la verità in maniera cruda e senza mezze misure: non è necessario dire tutto se i bambini non chiedono. Probabilmente hanno già trovato una strategia per auto-regolarsi. Molto spesso il problema è che noi adulti ci dimentichiamo di quanto i bambini siano intuitivi e siamo spinti a spiegare anche quando non ci viene chiesto nulla al fine di agire al meglio (Ma in questo vi chiedo: questo serve più a loro o a voi per essere meno angosciati?).
Se il bambino dovesse chiedere spiegate nel modo più semplice possibile: nessun modo è migliore dell’altro e ciò che vi consiglio è di fidarvi delle vostre capacità e della vostra sensibilità.
E cosa fare con la paura? Da sempre raffigurata come lo spauracchio tra le emozioni, in realtà si rivela adattiva per la nostra sopravvivenza, perché ci spinge ad attuare condotte preventive e protettive per la nostra salvaguardia. Questo va detto ai bambini (usando un linguaggio a loro comprensibile: cosa potrebbe accadere se la paura del leone non ti spingesse a scappare?) così si legittimeranno ad esprimerla e non reprimerla.
Infine, se le emozioni che state provando sono eccessive o travolgenti, accettate di non poter essere momentaneamente un punto di riferimento per altri e abbiate il coraggio di affidarvi a qualcuno che sia più esperto.
Si esce dal buio, ma ci si passa dentro.
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